CERTI ITALIANI D’AMERICA Una rivista di anarchici italiani negli Stati Uniti degli anni 20’ del novecento
Ugo Stille, il vecchio direttore del Corriere della Sera negli anni 80', era solito dire che per scrivere un articolo occorre andare a cercare l'ispirazione lontano. Si avvicinava allora agli scaffali della sua ricca biblioteca e ne traeva qualche antico e polveroso volume, grazie al quale aveva inizio un meraviglioso viaggio nella storia e nell'inarrivabile felicità dei sogni.Così ho fatto più modestamente anch'io, per questo breve studio, ritrovando nascosta, fra due vecchi volumi dell'"Enciclopedia" degli Illuministi Diderot e D'Alembert, una rivista anarchica che si chiama "L'Adunata dei Refrattari", pubblicata a New York nel 1971. Si tratta dell'ultimo numero, infatti il fondo di prima pagina si intitola "Commiato" ed è firmato da Dando Dandi, che dovrebbe essere identificato in Candido Mollar, apprezzato collaboratore della rivista, di cui Raffaele Schiavina fu invece lo storico direttore, per quasi cinquanta anni, con lo pseudonimo di Max Sartin.
L'articolo comincia così: "Dopo mezzo secolo di vita attiva e feconda " L'Adunata dei Refrattari" cessa le sue pubblicazioni per cause naturali, cioè per la graduale scomparsa dei suoi sostenitori caduti sotto la falce inesorabile del tempo e dello spazio. Rimasti un numero esiguo noi non ammainiamo la nostra bandiera ideale che continua a sventolare lacera, fiera ed orgogliosa sugli spalti della lotta sociale".
Nel fondo viene detto che la rivista cominciò le sue pubblicazioni, che avvenivano negli Stati Uniti, con l'inizio del martirio dei due anarchici italiani, Nicola Sacco e Bartolomeo Vanzetti, accusati ingiustamente di un omicidio e poi giustiziati sulla sedia elettrica, per i quali il giornale dette tutto se stesso. Nello stesso periodo, nel 1924, ci viene anche detto, furono promulgate dal Congresso americano le leggi restrittive sull'immigrazione, che bloccarono completamente l'esodo dei lavoratori italiani verso le spiagge del nord America. In quest'ultimo accorato addio vengono inoltre ringraziati tutti i lavoratori italiani che contribuivano alla sopravvivenza del giornale. Colpisce il lungo elenco citato delle località di tutte le parti d'America nelle quali vi erano degli Italiani.
Tutto quest'affetto verso la rivista è forse spiegato nello stesso articolo di fondo quando viene detto: "L'Adunata considerava la solidarietà verso i deboli, gli sfruttati, verso le vittime delle ingiustizie sociali il maggior attributo della propria esistenza, perché bisogna mettere in pratica i propri ideali anarchici enunciati sulla carta delle nostre fiammanti teorie. Perché l'Adunata non prodigò soltanto la solidarietà fattiva verso Sacco e Vanzetti, ma accorse in aiuto a tutte le vittime oscure delle ingiustizie senza restrizioni di razza, di colore, di nomi o di designazioni geografiche. I neri, gli Indiani, gli Orientali, i Chicanos, al pari degli sfruttati di tutte le latitudini, identificarono nell'Adunata un campione risoluto e disinteressato dei loro diritti di minoranze oppresse ed angariate".
È commovente immaginare centinaia di migliaia di Italiani, lontani dalla loro patria, spesso disperati, abbruttiti dalle loro miserevoli condizioni di vita, considerati degli esseri inferiori, che cercano sostegno l'un l'altro pel tramite di questa rivista. Uomini che, non possedendo nulla, se non la forza delle loro braccia, avrebbero potuto sprofondare nell'abisso del crimine o abbandonarsi al tedio in qualche fumeria d'oppio della "costa dei barbari", i bassifondi di San Francisco. Ed invece, alcuni di essi scelsero, come scrisse qualcuno, di alzare la testa dalla fogna in cui si trovavano ed ammirare le stelle. Si aiutavano vicendevolmente come fratelli, alcuni per spirito cristiano, altri coltivando il loro ideale anarchico. Nonostante la loro difficile vita, alla fine della giornata, stanchi, laceri ed invecchiati trovavano la forza di riunirsi fra connazionali per leggere la rivista e discuterne. Essi sognavano una società migliore parlando, spesso con mezzi culturali limitati, di Bakunin o Proudhon, Max Stirner o del principe russo Kropotkin. Dibattevano le idee degli italiani Errico Malatesta, Carlo Cafiero, Camillo Berneri – collaboratore della rivista - o dell'avvocato Francesco Saverio Merlino. Essi, in contrasto con il socialismo scientifico di Marx, che tacciava questo tipo di idee di velleitarismo di significati, non volevano l'istituzione di un potente ed oppressivo stato proletario, ma anelavano l'abolizione dello stato. "Le idee nascono dai fatti" scriveva Pisacane" non i fatti dalle idee e il popolo non sarà libero quando verrà educato, ma verrà educato quando sarà libero".
Intendevano essi un mondo dove vi fosse il maggior grado di libertà per l'individuo ed il massimo di fraternità fra gli uomini.
Un'utopia, certamente, un illusione che non tiene conto del fatto che una parte del male del mondo è inestirpabile ed è arginabile solo con l'ordine dello stato, ma forse un modello di libertà e fratellanza cui ispirarsi, cui fare riferimento. Non appaia singolare affermare che questo tipo di idee libertarie non sono in contrasto con il profondo spirito di libertà dell'America che affonda le sue radici anche nelle utopie messianiche dei Padri fondatori degli Stati Uniti che giunsero in America sul MayFlower.
L'America dunque, un avamposto di pionieri che nel volgere di 200 anni è divenuta la più grande potenza del mondo, un nuovo impero, dopo quello Romano e Britannico. Nel suo sangue, nel suo dna oserei dire, sono impressi anche i geni degli Italiani. Non solo di Italiani illustri come Amedeo Giannini, fondatore della Bank of America, o Fiorello La Guardia o Frank Capra, ma anche quelli di milioni di umili lavoratori, sporchi, brutti, qualche volta cattivi, ma in grande e silenziosa maggioranza buoni ed onesti cittadini, che hanno contribuito a fare grande l'America. Fra di essi anche quelli che amavano leggere "L'Adunata dei Refrattari", sognare un mondo migliore e trovare la forza di lottare meditando la poesia di Jack London che dice: "L'uomo che scacciasti dal giardino dell'Eden ero io, mio Dio, ero io, ed io sarò lì quando la terra e l'aria saranno strappate dal mare al cielo".
Lorenzo Bianchi